di Fabrizio Sblendorio - Bari
Nel contempo il mio dover faceo,
se due colori il mio cor non chiamassero
ed essi insieme non creo.
Di calcio non parlo però,
di poemi non ne penso,
-Son pianoforti-la bocca sussurrò.
Dell’udito mi si risveglia il senso;
tasto: un singolare che contiene un plurale,
dei sentimenti può esser mezzo intenso.
Nel mio intenso ecco una penna, un orale
non c’è; verbi, parole,
del parlare non son l’autore.
Si forma un ovale, un cerchio, un sole,
no, il colore quello esser non può.
Una linea, una curva, un’onda.
Ciò che cavalco non è espressione,
ma è espressione ciò che cavalco,
son venti, pensieri, arcobaleni
e son tasti bianco e neri.
Ad un tratto i miei passi come formica,
mi portano ad un teatro,
con scritte che bambino mi fanno tornare,
di pallini è la mia scrittura,
bianchi o neri, vuoti o pieni.
Ed ecco quando la penna prende parola,
l’espressione sua è a guidare,
fermo il corpo,
che la mia mano or non scrive un torto.
Mi curo poco di virgole e punti,
quando grandi tasti di amor unti
da interruzioni son sol punti.
Musica è il mio teatro.
Musica è il mio passo,
come se a ognuno una banda suonasse per me un quattro
quarti; matematica non sia, la mia mente or nel fosso.
Le mani trionfanti non più non sudan,
che lo spettacolo soave sia.
S’innalza, o solenne suono,
e un Do maggiore esala un ultimo lungo fiato,
prima che la musica rimbombi
di rumori non si sognano nemmanco.
La canzone non lo è,
per quest’è che l’espressione aspettavo,
onde bianco e nere, con un gioco di tasti che spiegarvi
il modo non so.
Or non la penna è, né le parole, non soddisfandomi,
ora ascoltano e descrivono.
Ed io cercao Mozart,
che per i dolci tasti bianchi e neri
ha così colorato il suo cuore
che ha a noi regalato…
il suo cuore e non il rumore.
Quando il tasto dal dito è spinto,
non è voce del suo cuore finto.
La parola a lui non serve
col mondo spiegarsi,
ci basta piegarci,
l’orecchio appoggiarci
e nel suono il suo cor:
bum, bum, continua, bum, bum,
finché, bum, bum, non si, bum, bum,
addormenta, bum…
Ma i miei occhi, ancor vegli,
non colgon altro che un semplice La,
è da lì tutto incominciò.
Luci soffuse i miei occhi lacrimano,
che risposta dan una strizzata:
si scontran le ciglia,
e le malvagie sopracciglia,
d’ogni gener forman rughe,
il tasto bianco, or bagnato
da gocce d’acqua un po’ salate,
che ruba il bianco dalla mano.
O, improvvisato silenzio
e improvviso tu anche fosti.
E così, se così proprio la mia vita,
nella storia, nella musica, nel suono il mio cor:
bum, bum, continua, bum, bum,
finché, bum, bum, non si, bum, bum,
addormenta, bum…
AVVISO
PICCOLO PROBLEMA TECNICO: PREMIAZIONE ALLE 21 e 30
[05:41
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