poesia di Giorgia Penzo - Poviglio (RE)
Battezzo l’arpa con le mie dita
vibra e corteggia la vita
la spiga di grano che cresce
nel fruscio, poi nel vento.
Della voce è l’unguento
quell’acqua di fonte
s’abbatte nel vuoto
e poi boom!, la cascata.
Strimpello le fronde del salice stanco,
ne esce un lamento
che a stento rammento:
è lento,
è un valzer?
O taranta del Salento?
Dopo il vento
la pioggia dà un concerto nella reggia
mon amour, mon ami,
eccole lì!
Sotto la volta di Orione
le gocce sciolgono il violino di cartone.
Con la terra si fonde
e affonda
sotto il volo della colomba triste.
Bianca è la sua veste
bianchi i tasti del pianoforte scordato
e antiquato,
come Dio.
Abbaglia il tuono
e assorda il lampo,
il caos nel silenzio
e la quiete nel canto.
Crash e splash
poi nel buio un flash:
dell’Africa i tamburi nei miei occhi sento.
Lo so! Dell’ordalia è l’avvento!
Non svegliarmi da questo baccano,
non sono che un bardo
e obbedisco al mio sovrano.
Tra tutti i monarchi
di sicuro il più folle,
sono l’umile servo di Sua Maestà il Re Bemolle.
Io sono colui che resterà a suonare
quando nessuno,
ohi ohi,
vorrà più danzare.
AVVISO
PICCOLO PROBLEMA TECNICO: PREMIAZIONE ALLE 21 e 30
[03:05
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